Dalle cronache delle prime missionarie
1959 23 ottobre-11 novembre il viaggio in nave delle Sorelle missionarie per il Madagascar………
Dalla nave: “ Majunga! Vi siamo giunte alle 8.30 del 9 novembre. Appena scorgemmo la terra malgascia, da lontano, sentimmo commuoversi tutto il nostro interno. Bella la prima impressione del Madagascar! Costa frastagliatissima, mare calmo e luminoso…
… Arrivo come previsto alle ore 16 del 12 novembre a Tamatave, ultimo porto per noi che siamo indirizzate a Tananarive. Scendemmo felici di mettere definitivamente il piede a terra.
In mattinata la partenza per Ilanivato. “Alle 13.30 sarebbero venuti a prenderci per l’entrata a Ilanivato. Furono puntualissimi. Diverse macchine, alcune Autorità, omaggio di fiori e poi… via. A Ilanivato tutta la popolazione era in moto. Dal cancello della proprietà fino alla villetta due lunghe file di bambini e bambine, vestiti a festa senza distinzione di religione. In mezzo a loro le Mamme e i Papà, con gli occhi pieni di gioia e gentilezza. Ci vuole del tempo per stringere tanti mani e manine nere, decisamente tese i atto di saluto. Davanti alla villetta era schierato altro popolo, già pronto per la rappresentazione. Per cinque ore… canti, poesie, balli, balli, balli… La festa terminata. Verso le ore 20.00 fummo libere e pensammo un po’ di cena. Due ragazzine vollero fermarsi in cucina, ma non conclusero nulla di positivo, pur facendo molto fumo. Ci arrangiammo ugualmente.
… Dopo le funzioni in Chiesa, con le bambine che già vengono a noi, una prima visitina alla “diga”. È una striscia di terra, con i due argini, o versanti, verso le risaie. Quindi, tutto attorno, grandi distese di piantagioni acquitrinose con animali da cortile che lietamente vi si ristorano. Le capannuccie sono le une vicine alle altre in modo impressionante, quasi da accavallarsi; non hanno che una minuscola porticina, che spesso fa anche da finestra e, dentro, il più delle volte non altro che una stuoia stesa per terra che fa da tappeto, da pavimento, da letto, da sedia. Lo spazio libero è di pochi metri quadrati, quando ci sono; in sì ristretta superficie… quattro, cinque, sei e anche otto persone. Le alluvioni della passata primavera nostra, italiana, autunno per il Madagascar, ne hanno distrutte molte, altre scoperchiate, altre mezzo rovinate, ma ancora abitate con aria, freddo, caldo che penetrano dappertutto. La stradetta che passa tra le due lunghe file di casupole è di terra gialla e rossa, simile al sapone, quando piove.
Povera gente, e qui, su questo stretto lembo di terra… quanti bambini! Sbucano da ogni parte, mal vestiti, sporchi, strappati e pur tanto cari e tanto belli! Visetti neri, occhi grandi e scrutatori, piedini graffiati e gonfi, membra quasi stecchite e, qualche volta, ricoperte di croste. Per la stradetta, insieme ai bimbi, alle donne, agli uomini, vivono tranquillamente maiali, cani, galline. C’è la povertà più nera… La nostra visitina interessò molti. Dalle casupole uscirono a frotte i bambini, pronti a ricevere la caramella o “pietra dolce” … a correre, a cantare, a ricominciare la corsa senza stancarsi mai, senza arrestarsi. E la diga è lunga parecchi chilometri!
Febbraio del 1960
Lunedì il 15 febbraio è la data fissata per l’inizio della Scuola Materna. La generosità di un benefattore di Torino ci ha dato la possibilità di acquistare tavolini e sedie per 50 bambini. Il locale è vicino alla nostra casa. Sono due stanze ampie ed abbastanza illuminate..
… Tra i nostri scolari ce ne sono di tutti i gusti! Razza nobile, razza schiava e razza malese. Eccetto cinque o sei, sono tutti poveri e sbrindellati e al mattino ci vuole circa un’ora per la loro toilette. Passano a turno; ma non hanno paura del sapone. Abituati al fumo perenne nella loro povera casetta sopportano benissimo un po’ di bruciore. Si guardano le manine ancora nere, ma lucide; lisciano le guance, tastando il viso e sono contenti. I pochi che vengono a scuola puliti domandano di essere lavati anche loro. Forse lo considerano un premio o un onore…
… La lezione è da poco incominciata. Bussano alla porta. È una mamma che arriva accompagnando la sua bambina. Porta anche uno sgabello di due o tre pezzi di legno messi insieme. La piccola non vuole saperne di rinunciare alla scuola e la mamma ha pensato di procurarle la seggiolina. Quel gesto ha incoraggiato altre famiglie a chiedere di con insistenza di lasciare anche i loro bambini. Accettiamo. Tutte le sedie disponibili di casa nostra sono nell’aula, più i sgabelli, più le latte di petrolio svuotate. Naturalmente i bambini che vi sono seduti… muovono, e quel fracasso, che sa di tamburo, ci fa sorridere e pensare di avere proprio una scuola… !